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SERMONE SETTIMO.
LA MONETA.
Fu nella Frigia un re (se non ti offenda
L’umile suon di ricantata fola)
Che mutava in aurifera sostanza
Le cose appena tocche. In oro il cibo
5E il calice dell’onda cristallina,
Alle labbra appressati, eran conversi.
Della ricchezza misera si duole,
Tardi imprecando all’invocato dono,
L’incauto re, che della ingorda voglia
10Soffre la pena, fra gli aurati massi
Sentendosi venir manco per fame.
Ma la fonte del Pattolo lucente,
In cui scende a bagnar le membra ignude,
Dilava tutta e alle sue bionde arene
15Trasmette la virtude ond’ei si spoglia.
Della sciocchezza sua non pochi esempi
Il mondo apprese; benchè Mida Mida,
Più non ripetan le ispirate canne,
Ha le orecchie dell’asino; chè seppe
20Come al volgo con fregi e regal benda
Della fronte si celi la vergogna.
La non bugiarda favola c’insegna,
Che il prezïoso e lucido metallo
Per sè dell’uomo a soddisfar non basta
25I bisogni reconditi e diversi
Di cui fine non è, ma più spedito,