Impenna l’ali. Alla fatica e al merto 300Move contrasto il natural talento,
O pel giudizio corto de’ mortali,
O perchè indarno col destin si cozza,
O per elezïon falsa, o per altra
Recondita cagion, che il pazzo volgo 305Meno comprende allor che più l’accusa.
Chi la marra a trattar nacque o la sega,
A che imbratta le tele e i marmi sfregia?
Al gorgheggiar delle canore gole
Accorre e plaude la festosa turba; 310Ch’anche alla turba ignara il ciel cortese
I delicati timpani concede.
E pel diletto suo reca ciascuno
L’obolo suo, che a mille oboli aggiunto
Non piccolo tesor forma, simíle 315A lago quasi che di cento rivi
In sè raccolga l’umile tributo.
Talora avvien che della terra il dono,
Se non inganna la sentenza amara,
Più che la raddoppiata opra si paghi 320A quattro doppi e cinque. Io non ripeto
Della penuria squallida le fioche
Voci, i dolenti casi, e dell’offesa
Temuta o lieve il grave danno e certo.
A meno foschi giorni e meno acerbi 325Scorgi pensando come il popol folto
S’addensi e calchi sulla magra gleba,
Moltiplicando più dei propagati
Semi raccolti da ferace gleba.
O di novo sudor bagni l’antica 330Zolla, la rupe sterile costringa
A ingrate prove, faticose e tarde,
Alla scala del prezzo un grado aggiunge