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52 sermone sesto.

     Troppo a vile tenuto allor che il vano
     Fasto lusinghi le gaudenti turbe.
     Di questo vero la cagion riposta
     200Tu rivelando a meditar m’insegni,
     Che l’affamato ventre in bando caccia
     I variopinti sogni, onde s’infiori
     La innamorata e vaga fantasia,
     A cui lo spettro di temuta fame,
     205Quasi presente fosse e certa e viva,
     Torreggia innanzi livido e sanguigno.
     Il popol corre da paura vinto
     Da cento luoghi a ricercar le biade,
     Ch’oltre il bisogno l’uno in serbo tiene,
     210E l’altro chiede. A repentini sbalzi
     La tremolante e docile bilancia
     Del mercato precipita, dall’urto
     Più che dal peso tratta. Il cieco volgo
     Confusamente in suon cupo minaccia;
     215Onde il soccorso vien manco, e l’onesta
     Schiera rifugge, e alla maligna razza,
     Che i perigli sprezzando al lucro agogna
     Dei perigli maggiore, il passo cede.
Spesso l’opinïon falsa consiglia
     220La bilancia spezzar, che i segni addita
     Del prezzo inesorabile; ma tarda
     Non è la pena e del fallire indegna.
     Il rabbïoso can morde la pietra
     Che lo percosse, ed alla prima offesa
     225Altra ne aggiunge; e la deforme scimmia
     Il vetro spezza, che l’oscena faccia
     A lei rimanda, e cento facce e cento
     Escon dai brani dell’infranto vetro.
     O il prezzo tocca la prescritta meta,
     230E vane larve abbraccio; o indietro resta