Troppo a vile tenuto allor che il vano
Fasto lusinghi le gaudenti turbe.
Di questo vero la cagion riposta 200Tu rivelando a meditar m’insegni,
Che l’affamato ventre in bando caccia
I variopinti sogni, onde s’infiori
La innamorata e vaga fantasia,
A cui lo spettro di temuta fame, 205Quasi presente fosse e certa e viva,
Torreggia innanzi livido e sanguigno.
Il popol corre da paura vinto
Da cento luoghi a ricercar le biade,
Ch’oltre il bisogno l’uno in serbo tiene, 210E l’altro chiede. A repentini sbalzi
La tremolante e docile bilancia
Del mercato precipita, dall’urto
Più che dal peso tratta. Il cieco volgo
Confusamente in suon cupo minaccia; 215Onde il soccorso vien manco, e l’onesta
Schiera rifugge, e alla maligna razza,
Che i perigli sprezzando al lucro agogna
Dei perigli maggiore, il passo cede.
Spesso l’opinïon falsa consiglia 220La bilancia spezzar, che i segni addita
Del prezzo inesorabile; ma tarda
Non è la pena e del fallire indegna.
Il rabbïoso can morde la pietra
Che lo percosse, ed alla prima offesa 225Altra ne aggiunge; e la deforme scimmia
Il vetro spezza, che l’oscena faccia
A lei rimanda, e cento facce e cento
Escon dai brani dell’infranto vetro.
O il prezzo tocca la prescritta meta, 230E vane larve abbraccio; o indietro resta