Non sol digiuna e lacera, ma spesso
Priva del fiato, e del sereno giorno,
E dell’acqua che appena a sorsi arrivi.
Quindi forse dirò che a tutte cose 65Eguale a tutti l’adito si schiuda;
O delle cose a patto altrui cedute
Forse il dominio usurpi e il prezzo involi?
Del falso argomentar cauto mi rendi
In rammentando che all’umana stirpe 70Or soccorre l’ingegno e la fatica,
Ed ora giova liberal Natura,
Che gli sforzi risparmia e all’uopo arride;
O sia che splenda il fervido meriggio,
O che zeffiro batta attorno l’ali, 75O che pel largo pelago dispieghi
Altero pino le gonfiate vele;
Ma ritrosa talor le sue bellezze
Degli inerti mortali al guardo cela;
O le discopre allor che a lungo studio 80Ed a lungo sudor renda mercede.
Guizzano i pesci pel tranquillo stagno;
Nelle cupe caverne si nasconde
Il bianco marmo e il lucido metallo;
È l’inculto terreno una importuna 85Selva nutrice di selvagge piante.
Altri cala le reti, o le profonde
Latèbre indaga, o pel diritto solco
Il vomere conduce. Ei s’abbia il premio
Delle cure felici! E quale offesa 90Reca al vicino, che ozïando dorme,
O mal si desta per invidia bieco?
A sè giovando, altrui danno non porta,
Che delle industri prove il merto gode;
Anzi pur giova allor che agli altri porge