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48 sermone sesto.

     Non sol digiuna e lacera, ma spesso
     Priva del fiato, e del sereno giorno,
     E dell’acqua che appena a sorsi arrivi.
     Quindi forse dirò che a tutte cose
     65Eguale a tutti l’adito si schiuda;
     O delle cose a patto altrui cedute
     Forse il dominio usurpi e il prezzo involi?
Del falso argomentar cauto mi rendi
     In rammentando che all’umana stirpe
     70Or soccorre l’ingegno e la fatica,
     Ed ora giova liberal Natura,
     Che gli sforzi risparmia e all’uopo arride;
     O sia che splenda il fervido meriggio,
     O che zeffiro batta attorno l’ali,
     75O che pel largo pelago dispieghi
     Altero pino le gonfiate vele;
     Ma ritrosa talor le sue bellezze
     Degli inerti mortali al guardo cela;
     O le discopre allor che a lungo studio
     80Ed a lungo sudor renda mercede.
     Guizzano i pesci pel tranquillo stagno;
     Nelle cupe caverne si nasconde
     Il bianco marmo e il lucido metallo;
     È l’inculto terreno una importuna
     85Selva nutrice di selvagge piante.
     Altri cala le reti, o le profonde
     Latèbre indaga, o pel diritto solco
     Il vomere conduce. Ei s’abbia il premio
     Delle cure felici! E quale offesa
     90Reca al vicino, che ozïando dorme,
     O mal si desta per invidia bieco?
     A sè giovando, altrui danno non porta,
     Che delle industri prove il merto gode;
     Anzi pur giova allor che agli altri porge