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il commercio. 43

Zampillante da limpida sorgente
Sulle vette non sue, beve l’impura
245Onda che appena dal cavato pozzo
Nell’infido terreno a sorsi attinge.
Lascia la gente dissetarsi al fonte
Che più le aggrada; con minor fatica
Meglio paga sarà. Novelli studi,
250Più diletti, fecondi e più felici
Sottentreranno all’opre faticose,
Ingrate e lunghe, che l’antica usanza
Spesso chiedeva con amaro inganno.
Perchè ti ostini a popolar di piante,
255Ad altro Sole avvezze, il dorso alpestre
Delle tue rupi? I prezïosi marmi,
Che in se racchiude, a che non traggi? Oh quanti
Frutti soavi alla tua mensa in dono
Io recherò, se ad avvivar concedi
260Al mio scalpel l’invidïato marmo!
Tu il passo neghi: i prezzolati sgherri
Mi circondan, mi frugano, mi spogliano
Con maligno sospetto; e se per caso
Io meco porti il divietato pomo,
265Coi ribaldi sarò nel duro fondo
Di päuroso carcere sepolto.
Delle native scorze intanto serbi
L’acerbo succo ad allegare il dente
Alle turbe soggette; e se l’avaro
270Prezzo giovi al cultor, nuoce alle turbe
L’assottigliata ed ispida vivanda,
La fraudata mercè, l’ordin confuso
Di natura e dell’arte. O tu severo
Di fraude punitor, quasi maestro
275Allor fatto ne sei, che dieci pani
Per la ritrosa falce a dar mi sforzi,