Zampillante da limpida sorgente Sulle vette non sue, beve l’impura 245Onda che appena dal cavato pozzo Nell’infido terreno a sorsi attinge. Lascia la gente dissetarsi al fonte Che più le aggrada; con minor fatica Meglio paga sarà. Novelli studi, 250Più diletti, fecondi e più felici Sottentreranno all’opre faticose, Ingrate e lunghe, che l’antica usanza Spesso chiedeva con amaro inganno. Perchè ti ostini a popolar di piante, 255Ad altro Sole avvezze, il dorso alpestre Delle tue rupi? I prezïosi marmi, Che in se racchiude, a che non traggi? Oh quanti Frutti soavi alla tua mensa in dono Io recherò, se ad avvivar concedi 260Al mio scalpel l’invidïato marmo! Tu il passo neghi: i prezzolati sgherri Mi circondan, mi frugano, mi spogliano Con maligno sospetto; e se per caso Io meco porti il divietato pomo, 265Coi ribaldi sarò nel duro fondo Di päuroso carcere sepolto. Delle native scorze intanto serbi L’acerbo succo ad allegare il dente Alle turbe soggette; e se l’avaro 270Prezzo giovi al cultor, nuoce alle turbe L’assottigliata ed ispida vivanda, La fraudata mercè, l’ordin confuso Di natura e dell’arte. O tu severo Di fraude punitor, quasi maestro 275Allor fatto ne sei, che dieci pani Per la ritrosa falce a dar mi sforzi,