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le arti. 33

Di primavera a noi dolce richiamo
E primo fanno negli aperti campi
Già delizia di Cerere e di Bacco,
200Benchè al dolce non far quasi devoti
Noi spesso offenda temerario un grido
Di stranie genti per invidia bieche.
Primo studio e conforto e primo amore
La felice de’ campi arte a noi sia,
205Ma non unico e solo. Allor che manchi
O langua il nerbo dei fabbrili ingegni,
La adunata materia il pregio attende
Dal lontano mercato, onde sovente
A terra giace misero rifiuto
210Delle genti che il monte o il mal separa.
Ma rivestita di novella tempra
Nuovo acquista valor dove le amiche
Arti sorelle a lei fanno corona,
Doppia porgendo all’opera mercede
215Del popol vario che in più densa schiera
Alla materia od al lavoro intenda.
Forse le braccia all’officina sacre
Rendon le zolle squallide ed ignude?
A te risponda l’affannosa turba,
220Che i pingui cólti lascia a passo lento,
Fuori cercando un’ozïosa marra
E un pan sudato. Alle ritrose porte
Batte talor delle città superbe
Timidamente e di consiglio priva,
225Di speranza e di aiuto; e tu sdegnoso
Le chiudi in faccia le ferrate porte,
Perchè agli aviti suoi campi ritorni
A lei cari e diletti infin che dato
Fu per essi tracciare un umil solco.
230Oh dura insania! Alla cagion riposta