Di primavera a noi dolce richiamo E primo fanno negli aperti campi Già delizia di Cerere e di Bacco, 200Benchè al dolce non far quasi devoti Noi spesso offenda temerario un grido Di stranie genti per invidia bieche. Primo studio e conforto e primo amore La felice de’ campi arte a noi sia, 205Ma non unico e solo. Allor che manchi O langua il nerbo dei fabbrili ingegni, La adunata materia il pregio attende Dal lontano mercato, onde sovente A terra giace misero rifiuto 210Delle genti che il monte o il mal separa. Ma rivestita di novella tempra Nuovo acquista valor dove le amiche Arti sorelle a lei fanno corona, Doppia porgendo all’opera mercede 215Del popol vario che in più densa schiera Alla materia od al lavoro intenda.
Forse le braccia all’officina sacre Rendon le zolle squallide ed ignude? A te risponda l’affannosa turba, 220Che i pingui cólti lascia a passo lento, Fuori cercando un’ozïosa marra E un pan sudato. Alle ritrose porte Batte talor delle città superbe Timidamente e di consiglio priva, 225Di speranza e di aiuto; e tu sdegnoso Le chiudi in faccia le ferrate porte, Perchè agli aviti suoi campi ritorni A lei cari e diletti infin che dato Fu per essi tracciare un umil solco. 230Oh dura insania! Alla cagion riposta