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le arti. 31

E di più ricchi doni a far più lieta
130E più gentile e desïata mostra.
A che del monte la chiomata selva
Fra le nubi agitavasi non tocca
Ancor dai colpi dell’ignota scure,
Se il cavo tronco il lido non radea,
135Nè le conteste travi erano schermo
Ai minacciati lari, e indarno uscía
Da ripercossa selce una favilla?
A che di pietre, di metalli e marmi
Il riposto tesor quando la via
140Si chiuda ad esso, nè ad aprirla inviti
Di scalpelli, d’incudini e di magli
Un fragoroso suon che l’aure assordi?
Corre e ricorre fra le ordite fila
L’agile spola; e propagate intorno
145Crescon le piante dal tenace tiglio,
O dalle molli e lievi e bianche piume;
Cresce la foglia dell’amato gelso
Al baco avventuroso; e un novo armento
Di più morbidi velli il dorso ammanta.
150Indi la tela e il drappo si dipinge
Dei colori che l’Iride dispiega
Pel cielo in arco, e di leggiadre tinte
Recan tributo un fiore, un seme, un’erba,
Ruvide scorze e dispregiate barbe,
155la fronda dell’indaco disciolta,
O l’avara conchiglia, o il mal celato
Insetto che nell’onda ribollendo
Della sanguigna porpora rinnova
L’invidïato onor. Nè il terzo regno
160Della natura il suo tributo nega
All’industre pennel che tempra e mesce
Le rubiconde, azzurre e gialle tinte