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30 sermone quarto.

95O l’umana fatica al Sol dispiega
Mirabile dovizia. Al senso parla
Dapprima, il so, con varïate e nuove
Imagini che al ben dello intelletto
Scala son fatte, allor che il cieco volgo
100Sì non disperda a vagheggiarle il tempo,
Che un’ombra vana delirando abbracci.
Della ricchezza il pregio si misura
Dal servigio che l’uomo attende e spera,
Ottiene e reca, stimolato ai fianchi
105Dal bisogno mutabile, che tregua
Mai non gli lascia e per la via l’incalza,
Che a più nobile meta il varco addita.
Il rigido censor, che i nomi danna
E i frutti coglie con discorde metro,
110Indarno accusa la sentenza nostra,
Che un felice di cose ordine in questa
Di bisogni di sforzi e di compensi
Vicenda interminabile lodando,
Della crescente civiltà si allegra.
115Il debole mortal, che al mondo nasce
Povero ignudo e di se stesso ignaro,
Trarre non può dal nulla un gran di polve;
Ma scorto al raggio d’immortal favilla
Combatte e vince, e le ribelli forze
120Degli elementi indocili domando,
Il suo trionfo e la possanza estende.
Fra l’umile officina e la superba
Villa si tace la querela antica:
Un dì superba, ora modesta e bella,
125Poi che del basso loco in cui giacea,
Pane chiedendo in atto di mendica,
Levossi in alto la fedel compagna
A confortarla di novella aita,