95O l’umana fatica al Sol dispiega Mirabile dovizia. Al senso parla Dapprima, il so, con varïate e nuove Imagini che al ben dello intelletto Scala son fatte, allor che il cieco volgo 100Sì non disperda a vagheggiarle il tempo, Che un’ombra vana delirando abbracci. Della ricchezza il pregio si misura Dal servigio che l’uomo attende e spera, Ottiene e reca, stimolato ai fianchi 105Dal bisogno mutabile, che tregua Mai non gli lascia e per la via l’incalza, Che a più nobile meta il varco addita. Il rigido censor, che i nomi danna E i frutti coglie con discorde metro, 110Indarno accusa la sentenza nostra, Che un felice di cose ordine in questa Di bisogni di sforzi e di compensi Vicenda interminabile lodando, Della crescente civiltà si allegra. 115Il debole mortal, che al mondo nasce Povero ignudo e di se stesso ignaro, Trarre non può dal nulla un gran di polve; Ma scorto al raggio d’immortal favilla Combatte e vince, e le ribelli forze 120Degli elementi indocili domando, Il suo trionfo e la possanza estende. Fra l’umile officina e la superba Villa si tace la querela antica: Un dì superba, ora modesta e bella, 125Poi che del basso loco in cui giacea, Pane chiedendo in atto di mendica, Levossi in alto la fedel compagna A confortarla di novella aita,