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SERMONE QUARTO.
LE ARTI.
La felice lodando arte de’ campi,
Non io vorrò che dispregiata e vile
L’officina rimanga, o sia che appresti
I validi strumenti, onde le pingui
5Zolle domate, i fecondati semi
Moltiplicando, colla mèsse lieta
Dell’avaro cultore empiano i voti;
O sia che l’irte spiche in bianco pane
Converta, o renda accomodati agli usi
10Della vita diversi i rozzi doni
Dell’agreste natura, ignoti in parte,
Ingrati o vani finchè manchi il nerbo
Delle arti industri; nè l’amica mano
Si stendano fra lor quasi sorelle,
15Che l’una all’altra porga, e insiem riceva
L’una dall’altra il ricambiato aiuto.
Errò dapprima per le selve oscure
L’uomo cacciando le belve selvagge;
E spesso dal sentier aspro tornando
20Dopo lungo vagar col dente asciutto.
Indi gli armenti al cenno della verga
Docili apprese per l’erboso piano
Pascolando guidare, e di più largo
E certo pasto e di più ricchi velli
25Fu lieto. Se non che presto veniva
Manco il fiorito pascolo all’acuto