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22 sermone terzo.

Rumoreggiando col percosso dente,
La macerata canapa dissolve
Dalla legnosa fibra. Il tardo autunno
Invita al vendemmiar, e con allegri
120Canti risponde la giocosa turba.
Chi spreme il latte dalle irsute mamme,
E l’addensa, lo stringe e lo figura
In varie forme, sì che la sembianza
Ed il vario sapore i sensi punge:
125Chi l’intatta giovenca al poderoso
Toro concede, o l’importuno gallo
Dalla chioccia rimove. Io parlo o taccio
Dell’immondo animai, cui rassomiglia
La rinnovata razza di Epicuro,
130Che, se alla scorza lucida ti arresti,
All’occhio move ed alla mente inganno?
L’ingentilito secolo ricusa
Nello specchio mirar, che in sè ritragga
Le turbe che al grugnir fatte son mute,
135Ma che il grugnito, il raglio ed il belato
Ad un tempo ricordano. Felici
Tre e quattro volte voi, che dalle mura
Di corrotta città lungi traete
I dì sereni, dall’impuro soffio
140Mai non turbati della magra invidia,
O della stolta ambizïon che pasce
Delle fraterne lagrime e del sangue
I duri petti dei fratelli insani.
A voi sorride liberal natura
145Colle schiette bellezze, onde più cara
Nella natia semplicità risplende.
Con libero aleggiar l’aura rinfranca
Il capace polmone, e il capo grave
Per torbido vapor, che ad esso salga,