Rumoreggiando col percosso dente, La macerata canapa dissolve Dalla legnosa fibra. Il tardo autunno Invita al vendemmiar, e con allegri 120Canti risponde la giocosa turba. Chi spreme il latte dalle irsute mamme, E l’addensa, lo stringe e lo figura In varie forme, sì che la sembianza Ed il vario sapore i sensi punge: 125Chi l’intatta giovenca al poderoso Toro concede, o l’importuno gallo Dalla chioccia rimove. Io parlo o taccio Dell’immondo animai, cui rassomiglia La rinnovata razza di Epicuro, 130Che, se alla scorza lucida ti arresti, All’occhio move ed alla mente inganno? L’ingentilito secolo ricusa Nello specchio mirar, che in sè ritragga Le turbe che al grugnir fatte son mute, 135Ma che il grugnito, il raglio ed il belato Ad un tempo ricordano. Felici Tre e quattro volte voi, che dalle mura Di corrotta città lungi traete I dì sereni, dall’impuro soffio 140Mai non turbati della magra invidia, O della stolta ambizïon che pasce Delle fraterne lagrime e del sangue I duri petti dei fratelli insani.
A voi sorride liberal natura 145Colle schiette bellezze, onde più cara Nella natia semplicità risplende. Con libero aleggiar l’aura rinfranca Il capace polmone, e il capo grave Per torbido vapor, che ad esso salga,