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SERMONE VENTESIMOSETTIMO.


LA VITA UMANA.




Della notte le tenebre fugando
     S’innalza il Sole a rischiarar la terra
     Colla vivida face, e de’ lontani
     Monti all’ombra cadendo si dilegua.
     5Cade e risorge con alterna vece.
     Ma la prim’alba e sola a noi riluce
     Appena, e tocca già l’ultima sera
     Temuta troppo o desiata, quando
     Del baldo immaginare il volo tronchi,
     10Od a lungo soffrire unico e tardo
     Rimedio apporti. Desolato e stanco
     Erra l’incerto pellegrin, che in questa
     Selva incantata a sè vede d’intorno
     Immagini danzar leggiadre e liete,
     15E più s’accosta e s’affatica, al vento
     Qual nebbia leggerissima disperse,
     Lasciar vuoti gli amplessi e vuoto il core.
D’ingannevoli fole altri beato
     In vista, fugge pauroso e bieco
     20Di sè l’amara compagnia, cercando
     Nel tumulto, nel fremito, nel cupo
     Romoreggiar delle contese umane
     Di sè medesmo l’infelice obblio.
     Tra le cure affannose ad una ad una
     25Ogni più cara illusïon vien meno,
     E la sola memoria acerba dura;