Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
212 |
SERMONE VENTESIMOSETTIMO.
LA VITA UMANA.
Della notte le tenebre fugando
S’innalza il Sole a rischiarar la terra
Colla vivida face, e de’ lontani
Monti all’ombra cadendo si dilegua.
5Cade e risorge con alterna vece.
Ma la prim’alba e sola a noi riluce
Appena, e tocca già l’ultima sera
Temuta troppo o desiata, quando
Del baldo immaginare il volo tronchi,
10Od a lungo soffrire unico e tardo
Rimedio apporti. Desolato e stanco
Erra l’incerto pellegrin, che in questa
Selva incantata a sè vede d’intorno
Immagini danzar leggiadre e liete,
15E più s’accosta e s’affatica, al vento
Qual nebbia leggerissima disperse,
Lasciar vuoti gli amplessi e vuoto il core.
D’ingannevoli fole altri beato
In vista, fugge pauroso e bieco
20Di sè l’amara compagnia, cercando
Nel tumulto, nel fremito, nel cupo
Romoreggiar delle contese umane
Di sè medesmo l’infelice obblio.
Tra le cure affannose ad una ad una
25Ogni più cara illusïon vien meno,
E la sola memoria acerba dura;