Premere il volo al natural desio,
Che fuor ne spinge a ricambiare il dono
De’ servigi die il Sol vede e rischiara 200Dalla prim’alba all’ultimo tramonto?
Immemore degli altri, in sè costretto
Ognun si chiuda e serri; e qual di tutti
Sarà la vita solitaria ed egra
Nell’orror della notte, a cui non splenda 205Amico raggio di benigna stella?
Mentre l’un veglia e suda, all’altro dato
Fia di calar la morbida cortina;
E poi che levi sbadigliando il capo,
Muovere il passo neghittoso e lento, 210E senza seminar coglier le spiche?
A quel la doglia e la fatica, a questo
L’ozio e il tripudio. Oh di fraterna novi
Giustizia e caritade ordini e modi!
Uomini son di sentimento privi 215Cui nullo di pietà senso commove:
Aridi tronchi, che il rigor del verno
O il tepido spirar di primavera
Non comprime nè desta. Il duro ceppo
L’onor non piange delle verdi foglie 220Per la nebbia autunnal pallide e manche;
Ma non s’allegra dei crescenti rami,
Che zeffiro soave agiti e impregni.
Al turbine de’ venti il dorso oppone
La squallida, petrosa, immota roccia; 225Mentre l’arbusto tenero s’inchina,
E l’antico frondoso arbor si schianta.
Sfidi l’arido tronco e il duro ceppo
E la roccia incrollabile del tempo
La indomita possanza, io non gl’invidio: 230Ma voi compiango, che in umana veste