Il bianco collo di canoro cigno,
L’ardito fianco o il portentoso guizzo 165Di silfide danzante. Al rovinío,
Che allora scoppia, si confonde e mesce
Del basso mondo e dell’elette sfere
L’arcana un tempo e tacita armonia,
Che i timpani spezzare or ne minaccia. 170Anzi, o c’illude l’apparenza strana,
Il signorino, che la man s’inguanta
Di più morbide pelli e più gentili,
Par che del trivio le selvagge usanze
Nobilitare o vincere presuma; 175Onde i modi che furono plebei
Di signorili omai prendono il nome.
Il nuovo Sol ne’ fôri e nelle piazze
Forse ci attende; ma la tua vaghezza
Non ti seduca a figurar l’immago 180De’ nuovi Scribi e nuovi Farisei;
Inutile fatica, e di fastidio
A un tempo piena. A più felice impresa
L’intento volgi. La volubil moda
Sai che tiranna ad una norma adegua 185Unica e sola le discordi cose,
E gli uomini diversi. Ancor si piace
Che degli alunni suoi la miglior parte
Sulla schiera volgar tanto si levi,
Che in non creduto error tragga le menti. 190Ora d’un velo candido e pudico
A femmina procace il guardo adombra;
Ed ora ad atti di viril baldanza
La sconsigliata verginella educa.
Un ignoto garzone, o noto forse, 195Innanzi move a concitato passo,
Con penzolante braccio, e col cappello