Vincer presumi con maligne note,
Onde fai schermo all’anima superba
E trista e vana, che il ben far non pate,
Ed alle oneste laudi invidia porta. 65Vedi colui, che dispensar procaccia
Il pane della vita al poverello,
Ne’ squallidi tuguri visitando
Infermi vecchi e vedove deserte
Ed orfani digiuni? Oh non è questa, 70Questa non è di carità verace
La pura fiamma, griderai; ma vampo,
Forse d’orgoglio e di lascivia nato!
E n’hai ben donde; che degli altri imprendi
Da te medesmo a giudicare. Al padre, 75Dalle fatiche o più dai vizi affranto,
Dell’ospizio fatal s’apran le porte;
E fosse pur di palpitanti membra
Ammorbato sepolcro! Il figlioletto
Stenda per tempo al passeggier la mano; 80Per tempo i mali a sopportare impari
Di sua condizïon colla gioconda
Faccia, che in ben coll’uso li trasmuta.
E la solinga donna, a cui s’infiora
Di fresche rose ancor la bella gota, 85Le lagrimette cessi ed i sospiri,
E alla ragion dell’abbaco s’inchini.
Con sinistri presagi una malnata
Turba cresce d’intorno e si propaga?
Al lontano avvenir pensino i nostri, 90Quando presente fia, tardi nipoti;
Chè per suprema legge unica e vera
Dell’Io la legge avrò come i più saggi,
D’infallibil bilancia al certo segno,
Fanno; benchè diverso il detto suoni.