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l’egoismo. 189

     Di malvagia stagion contro l’offesa,
     Attendi larga e fortunata emenda
     Dal prezzo avaro. Nè ti scuote il grido
     30Del popolo che freme e che delira
     Dietro a torbide larve e sanguinose;
     E dal tuo volto e più dagli atti apprende
     Il nome a maledir di quella schiera,
     Che a te pel nome e per l’avito censo,
     35Non per la mente onesta e i chiari esempi
     Dell’affetto gentil, si rassomiglia.
Per cieca rabbia e disperata fame
     Una lurida plebe si scatena
     Qual belva furïosa? E tu raddoppi
     40Con fermo polso le ferrate sbarre;
     Nè un obolo dall’arca rugginosa
     Togli fidando che l’irato nembo
     Al cenno fugga di potente verga.
     E ancor ti affidi nelle usanze note
     45Di chi, porgendo ai miseri salute,
     O refrigerio e balsamo soave,
     A te concede di vegliare a studio
     Del computo, cui cifra a cifra aggiungi
     Arcanamente. O fra le colme tazze
     50E le sonore ciance vaneggiando
     Del tempo in onta e della rea fortuna,
     Con beffardo pensier le meste e gravi
     Cure discacci, disprezzi, deridi.
     Così discarchi di novello pondo
     55I pigri ed ozïosi omeri degni
     Di peggior soma e di più acuta sferza.
     Ed il rimorso no, che non penètra
     Sì dura scaglia, nè cessar ti piace
     La vergogna che il bronzo non colora
     60Della tua faccia; ma il dir delle genti