Fremè dannato ai colpi della verga, E furon l’arti misero retaggio 165Ed abborrito dello schiavo armento; Od il livido servo e bieco, al piede Le sue catene lento trascinando, D’infecondo sudor bagnò la gleba; O l’ignudo vassallo al suo signore 170Offrì tributo delle notti insonni, L’acqua battendo a discacciar la rana, Che dell’alto signore i lunghi sonni Coll’importuno gracidar turbava; Forse poteva balenare il raggio 175Che ora ne guida a rintracciar la via, Ch’entro la cerchia delle industri prove Iddio segnava ai popoli diversi?
Mutano i tempi, e mutano le forme, Ma il cieco istinto e la fidanza dura 180Di chi a potenza e a nobiltà di stato, II suo vicino dispogliando, agogna. Ai sanguinosi e barbari conquisti Succedetter le barbare tariffe Non sempre, il credi, d’uman sangue monde. 185Disciolti i ceppi del servaggio antico, E le merlate torri al suol cadute, Una larva famelica d’intorno, Che monopolio o privilegio è detta, Copertamente aggirasi, le vene 190Senza pietà succhiando e senza posa. Contro la guerra dell’error la pugna Breve non è, se a verità contrasta Dei costumi, del tempo e di fortuna Il prepotente imperio. Al tuo volume 195Ricorro e noto, che la sua dottrina Sempre a giustizia e ad onestà si attempra,