120Molle si accusi, e degli andati tempi,
Da chi lo sguardo ad una cerchia serra,
Il rigido costume ancor si lodi.
Io non dirò, che a lei misera incolga,
Quando ritorni alla lugubre stanza 125Col pan sudato (ahi vista) il figlio, il figlio
Arso veder dalle voraci fiamme!
Nè invan lo chiami dall’onde sepolto,
O forse ucciso da ferrata zampa,
O stritolato da rote correnti. 130Nè pur dirò quante la morte mieta
Vite novelle là negli antri bui,
Dove un armento squallido s’intana;
O quanto morte sia quasi crudele
Nella pietade allor ch’altre ne serba, 135Pria che mature già logore e stanche,
A miserande prove, onde un retaggio
Orribile di mali si propaga.
Qui, qui venite, o pargoli redenti
Dal Signor nostro, voi che prima e cara 140Siete delizia delle sue pupille.
Qui con devoto giubilo l’eterna
Gloria di lui cantate, al Santo al Santo
Benedicendo, allor che sorga il sole,
O parta a mezzo il giorno, o volga a sera. 145Un angelo di Dio vegli sul vostro
Tenero capo. All’intelletto scenda
Quella parte di ver che ne disgombri
La prima nebbia, e la virtù ne desti,
E lo rinfranchi alla sua degna meta. 150Amica voce, che discende al core,
A ben amare, a seguitar v’insegni
L’arcana legge onde la voglia pronta
Al debito s’attempra e a lui si affida,