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180 sermone ventesimoprimo.

     Dunque non siam del nostro meglio accorti;
     O di giustizia e caritade e pace,
     20A salvezza comune, un nome giova
     Che mormori coll’aure e si dilegui?
     O gente vana, cupida e superba,
     Di te non taccio, onde la mente è chiusa
     Alla parola del Signor, che disse:
     25A me venire i pargoli lasciate,
     Non gl’impedite; chè il regno di Dio
     È di cotali. In veritade il regno
     Di Dio si nega a te, che nol ricevi
     Come gli eletti pargoli, che bieca
     30Guardi e non curi o disdegnando cacci.
Nell’innocente pargolo saluta
     L’uomo che sorge, e a venerare in esso
     L’immagine di Dio per tempo apprendi.
     Deh non l’offuschi di maligno fiato
     35Il soffio impuro! L’anima digiuna,
     Allorchè spunta della vita l’alba,
     Impazïente ed avida ricerca
     E in sè raccoglie e nutricando serba
     I primi germi delle prime idee,
     40A un lieve suono che lambisca e taccia,
     A un guardo appena che baleni e passi.
     Così nel molle e docile metallo
     Stampi l’impronta, che poi salda dura
     Contro l’ala del tempo. Io l’opra imito
     45Di chi la fuggitiva onda raccoglie
     In traforato vaglio, allor che sudo
     A discacciar con limpida sorgente
     Quei, che l’intatto vaso un dì beendo
     Da corrotto liquore, intorno spande
     50Ingrati effluvii. Rancide sentenze,
     E inopportune alla ritrosa turba