Dunque non siam del nostro meglio accorti;
O di giustizia e caritade e pace, 20A salvezza comune, un nome giova
Che mormori coll’aure e si dilegui?
O gente vana, cupida e superba,
Di te non taccio, onde la mente è chiusa
Alla parola del Signor, che disse: 25A me venire i pargoli lasciate,
Non gl’impedite; chè il regno di Dio
È di cotali. In veritade il regno
Di Dio si nega a te, che nol ricevi
Come gli eletti pargoli, che bieca 30Guardi e non curi o disdegnando cacci.
Nell’innocente pargolo saluta
L’uomo che sorge, e a venerare in esso
L’immagine di Dio per tempo apprendi.
Deh non l’offuschi di maligno fiato 35Il soffio impuro! L’anima digiuna,
Allorchè spunta della vita l’alba,
Impazïente ed avida ricerca
E in sè raccoglie e nutricando serba
I primi germi delle prime idee, 40A un lieve suono che lambisca e taccia,
A un guardo appena che baleni e passi.
Così nel molle e docile metallo
Stampi l’impronta, che poi salda dura
Contro l’ala del tempo. Io l’opra imito 45Di chi la fuggitiva onda raccoglie
In traforato vaglio, allor che sudo
A discacciar con limpida sorgente
Quei, che l’intatto vaso un dì beendo
Da corrotto liquore, intorno spande 50Ingrati effluvii. Rancide sentenze,
E inopportune alla ritrosa turba