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il ricordo. 173

     Mal di ciance pasciuto, o fuor conduca
     Dai taciti recessi ove la fonte
     Di limpida dottrina si disserri,
     Sempre l’alunno suo già fatto adulto
     65Lascia; ma prima che il ritroso passo
     Da lui rimova: ecco, gli dice, è tempo
     Ch’io di te stesso a te piena confidi
     Cura sagace. Al libero governo
     Dell’alma intendi sì, che di superbe
     70Voglie codarde mai schiava non sia;
     Nè per oscuro carcere, travolta
     Da moltiforme errore, ebbra si aggiri;
     Nè per baldanza d’ogni freno schiva
     I nodi rompa, che in giustizia e pace
     75E fede e carità legan le genti.
Deh! il vano lusingar non ti seduca
     Di scorretta beltade, e non ti adeschi,
     O ti sgomenti della turba insana
     Il volubile plauso, o il fischio e l’ira.
     80E più che il plauso, a sfolgoranti colpe
     Talor serbato, il placido riposo
     T’alletti, onde si allegra la pudica
     E modesta virtù che dello sprezzo
     E dell’odio trionfa. Oh della vita
     85Non pianger no la fuggitiva larva
     Mentre dell’ore in cui si parte accusi
     La noiosa pigrezza, e di sbadigli
     O di frivoli giochi il vuoto n’empi.
     Pensa che quanto più breve è la prova,
     90Tanto più incalza a renderla compiuta
     E feconda di ben la fuggitiva
     E scarsa larva della vita nostra.
Nè la tua prova rassomigli a quella
     Di famelici cani, allor che getti