Mal di ciance pasciuto, o fuor conduca
Dai taciti recessi ove la fonte
Di limpida dottrina si disserri,
Sempre l’alunno suo già fatto adulto 65Lascia; ma prima che il ritroso passo
Da lui rimova: ecco, gli dice, è tempo
Ch’io di te stesso a te piena confidi
Cura sagace. Al libero governo
Dell’alma intendi sì, che di superbe 70Voglie codarde mai schiava non sia;
Nè per oscuro carcere, travolta
Da moltiforme errore, ebbra si aggiri;
Nè per baldanza d’ogni freno schiva
I nodi rompa, che in giustizia e pace 75E fede e carità legan le genti.
Deh! il vano lusingar non ti seduca
Di scorretta beltade, e non ti adeschi,
O ti sgomenti della turba insana
Il volubile plauso, o il fischio e l’ira. 80E più che il plauso, a sfolgoranti colpe
Talor serbato, il placido riposo
T’alletti, onde si allegra la pudica
E modesta virtù che dello sprezzo
E dell’odio trionfa. Oh della vita 85Non pianger no la fuggitiva larva
Mentre dell’ore in cui si parte accusi
La noiosa pigrezza, e di sbadigli
O di frivoli giochi il vuoto n’empi.
Pensa che quanto più breve è la prova, 90Tanto più incalza a renderla compiuta
E feconda di ben la fuggitiva
E scarsa larva della vita nostra.
Nè la tua prova rassomigli a quella
Di famelici cani, allor che getti