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l’economia sociale. 13

95Che la speme rinfranca e il petto allegra.
Diversamente il ciel nel vario clima
Ai varii ingegni i suoi doni comparte,
Perchè libero ognuno all’opre intenda,
A cui l’appella l’indole nativa
100Della mente e del loco, e agli altri porga,
Da nodi indissolubili congiunto,
E servigio maggiore insiem riceva.
Poiché tacque la fame, alle ribelli
Forze non siamo di natura schiavi;
105E il culto ferve dell’eterna idea,
Che a non mentita civiltade è madre.
Se per volare a me tarpi le penne,
il varco chiudi sì che al segno arrivi
Solo chi va col pie lento di piombo;
110a me divieti i facili compensi.
Di mie fatiche dimezzando il frutto
A ristoro di chi nell’ozio dorme;
Oh! dall’eterna idea quanto discorda
A’ danni nostri il pubblico decreto.
115Che di fraudi si fa ministro e duce.
Indi le invidie bieche e il mal celato
Odio e l’opinion falsa e bugiarda
Nel volgo inconsapevole fomenta,
Che in alto guarda e susurrando aspetta
120Che la pioggia conversa in oro cada.
Il volgo sappia, e l’infinita schiera
Che gli oracoli suoi dispensa al volgo,
Che spesso, ahi troppo! l’ignoranza è madre
Di colpe, di vergogne e di sciagure;
125Sappia che all’ozio la viltà consegue,
La miseria, il delitto; e sappia come
Dai padri ai figli e ai memori nepoti,
Quasi ruscello di feconda vena,