95Che la speme rinfranca e il petto allegra. Diversamente il ciel nel vario clima Ai varii ingegni i suoi doni comparte, Perchè libero ognuno all’opre intenda, A cui l’appella l’indole nativa 100Della mente e del loco, e agli altri porga, Da nodi indissolubili congiunto, E servigio maggiore insiem riceva. Poiché tacque la fame, alle ribelli Forze non siamo di natura schiavi; 105E il culto ferve dell’eterna idea, Che a non mentita civiltade è madre. Se per volare a me tarpi le penne, il varco chiudi sì che al segno arrivi Solo chi va col pie lento di piombo; 110a me divieti i facili compensi. Di mie fatiche dimezzando il frutto A ristoro di chi nell’ozio dorme; Oh! dall’eterna idea quanto discorda A’ danni nostri il pubblico decreto. 115Che di fraudi si fa ministro e duce. Indi le invidie bieche e il mal celato Odio e l’opinion falsa e bugiarda Nel volgo inconsapevole fomenta, Che in alto guarda e susurrando aspetta 120Che la pioggia conversa in oro cada. Il volgo sappia, e l’infinita schiera Che gli oracoli suoi dispensa al volgo, Che spesso, ahi troppo! l’ignoranza è madre Di colpe, di vergogne e di sciagure; 125Sappia che all’ozio la viltà consegue, La miseria, il delitto; e sappia come Dai padri ai figli e ai memori nepoti, Quasi ruscello di feconda vena,