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160 sermone decimosettimo.

     Mirando giunge; nè per l’aspro e lungo
     Di triboli cosparso arduo sentiero
     È vinto da stanchezza e da paura.
30Parla possente in noi di Dio la voce,
     O sia che il guardo attonito contempli
     Seminato di stelle il firmamento;
     O l'immenso oceán, che i mal vietati
     Delle genti confini apre ed abbraccia;
     35O la ricca di piante e di animali
     Terra, ch’ora s’avvalla, ed or le nubi
     Tocca coll’alte cime, e cento influssi
     Di benefica tempra o di tremenda
     Nelle riposte viscere nasconde,
     40O di fuor traggo, intorno sparge e serba,
     Ai prodigi dell’arte e di natura
     Inesausta materia. O sia che l’uomo
     L’arcano magisterio in sè ricerchi
     Della vita e del senso, o dell’eterna
     45Angelica sostanza, onde simíle
     È fatto al suo Fattor; tutto d’Iddio
     La somma Sapïenza e Potestate
     E l’infinito Amor, tutto gli svela:
     Tal che ad ossequio e a riverenza inchina
     50L’anima innamorata, che discioglie
     Inno di lode e di letizia pieno.
Sono il vero ed il ben la meta nostra,
     A cui ne scorge con superna face
     Quegli che l’immutabile governo
     55Tiene del mondo, e la mutabil sorte
     Di se medesmo all’uom quasi confida;
     Perchè di pena o di mercè, siccome
     Di colpa di virtude il merto porti,
     Col libero voler degno si renda.
     60Ma stolto, ahi troppo, chi di sè presume,