Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/159


la famiglia. 155

     120In riguardar di numero cresciuti,
     Quanto di forza e di vitale umore
     Perdono i poverissimi zampilli
     In magro stagno e livido conversi
     Più ad intristir che a ristorare il campo,
     125Cui debbo ognun di più benigne piante
     Più diffusa donare ombra secura.
Razza infelice, te fatta crudele
     Madre d’infelicissima progenie
     Grida e condanna e non corregge il mondo.
     130E delle antiche tenebre ti aggrava
     La mente sì, che del tuo meglio ignara
     All’oggi guardi e del diman non curi.
     Indi l’ozio infingardo e la proterva
     Compagna indivisibile, che pane
     135Chiede ed invola, e pria di sangue il lascia
     Tinto che di sudor stilla lo bagni.
     Se per infetto germe si matura
     Di cento rami attossicato frutto,
     Qual fia che di virtude ornata prole
     140Dalla trista propaggine discenda?
     Biasmo eterno a colui, che alla sorgente
     Del mal non badi, e il danno e la vergogna,
     Infin che basti, a prevenir non tenda.
     Già la rigida sferza dalla stanca
     145Mano gli cade, e se pietà lo vince,
     Alla ferita il balsamo vien manco.
     Che se di fida scorta ancor si tardi
     L’aiuto salutevole, che affreni
     Dell’istinto brutal la cieca foga,
     150Vedrai di novo e più lurido armento
     Popolata la terra, onde ricambio
     Avrà funesto dei negati uffici
     Dalla improvida schiatta, a cui l’umano