Una immota caligine profonda,
In suo secreto gongolando coglie
Frutti non tocchi, e altrui serba le fronde. 30Già de’ sofisti la mendace scuola,
Fantasticando colla mente inferma,
Su cardini librar novi presume,
E a nove seste ricomporre il mondo;
Onde alla plebe povera e delusa 35Il dinegato farmaco prepari
Che da lunga stagione attende e spera:
E la sentenza tua, quasi nemica
E ad ogni senso di pietà restia,
Accusa e danna con maligno riso; 40Poichè a giustizia e a libertà divoto
Serbarne intendi invïolato il dritto;
E i pazzi sogni e le lusinghe false
Ed i conati miseri sprezzando,
In esse poni la speranza cara, 45Che poi di bella carità si adempia.
Ma di più antica e livida congrega,
Che in basse note mormorando anela
Ai facili guadagni, e in un contende
Agli altri il passo nel serrato campo, 50Udrai di nove e flebili querele
Intronarti gli orecchi. A un lieve soffio,
Che del ramo spiccar l’aride foglie
Appena accenni, pallida e tremante
O accesa in volto di fallace zelo 55Accorre e grida All’arme, all’arme, all’arme,
Per la difesa delle patrie leggi
E per l’augusta maestà degli avi,
A cui guerra s’indice incauta od empia
Dai cervellini torbidi, e digiuni 60Del senno nostro, che di senno antico