Dall’ozio il tragge per donargli pace. 50Chè di noie e lascivie è l’ozio padre,
Di miserie e delitti; e con sè porta
Del male il seme e del fallir la pena.
Langue l’inerte corpo, e il vital succo
Si converte in mortifero veleno; 55Ed alla mente neghittosa è tolta
La potenza dell’ali, onde secura
Fuori del paludoso aere s’elevi
A spazïar ove giustizia e fede
Splendon di raggio limpido e sereno. 60Ignoranza ed errore indi l’acerba,
Or sorda or vïolenta, al mondo guerra
Fanno, e di colpe e di sventure il mondo
S’attrista e piange; e la tristezza e il pianto,
Se il fomite riman, non vengon manco. 65Nel pensiero d’Iddio regna l’idea
Di giustizia e pietade e in cor ne stampa
Dei mortali l’imagine, che il passo
Incerto e stanco ne sostenga e guidi,
Se da fosca caligine non sia 70Offeso l’intelletto, e di malnate
Voglie nol turbi la feral tempesta.
Quando a giustizia e a carità serbato
Ognor fosse l’imperio, oh! come aperto
Anche ad occhio volgar l’ordin sarebbe, 75Che la divina provvidenza impose
Alle umane vicende, e che l’umana
Colpa e baldanza sol rompe e non cura.
Deboli, ignudi e di noi stessi ignari
In questa entriamo, che di vita ha nome, 80Oscura selva, alle minacce esposti
Della fame, del verno e delle belve
Più possenti di noi. Ma dal materno