Tutta ne assorbi la scorrevol onda,
Indarno delle dolci acque tributo 280Il mare attende. All’intima sorgente
Dello sperato rio si rassomiglia
L’arte cui nutrimento e vita togli,
La materia aggravandone, il lavoro
E il debito profitto. Un magro fiume 285È il popol vario che anelando corre,
Stimolato dal pungolo diverso
Degli umani bisogni, ove la copia
A soddisfarli con perenne giro
Delle umane dovizie si riversi. 290L’indiscreto rigor del tuo balzello
Ogni vena ristagna, e dalla chiusa
Angusta foce scaturir non lascia
Misera stilla, che l’aride labbra
Del sitibondo Tantalo ristori. 295Incauto, bada, che una spada tratti
A doppio taglio. All’un tronchi le braccia,
Nè il lavoro ti appresta; all’altro storpi
Le gambe, e ad accattarlo non arriva;
E a te, se non insanguina la destra, 300Almen vuota la stringi. Al comun bene
L’occhio non apri, e a tuoi danni lo chiudi?
L’arma che impugni a maneggiare apprendi,
I colpi misurandone, e la mira
Giusta prendendo. Chi l’arte disprezza, 305Colla benda sugli occhi i colpi mena.