210Non il fortuneggiar, ma il viver gramo.
Delle cose l’acuto occhio sagace
Il valore ed il reddito ricerchi,
Misuri e segua. Egual di tutte cose
L’uso non è. Necessitade a queste 215Inesorabilmente incalza; a quelle
Costumanza civile astringe: ad altre
Con leggiadre lusinghe e vario metro
Invita il genïal vezzo, o trascina
Sempre derisa e venerata sempre 220La volubile moda, a cui le fasi
Sembrano della luna a correr tarde.
Le tue gabelle mi sapran di sale,
Da quel diverso, onde al bifolco neghi
Far maggior copia e ai campi ed agli armenti, 225Finchè a necessità danno di cozzo;
E me digiuno, lasciano od ’orbato
Della materia al mio lavoro addetta.
Ma ben ti assolvo allor, che degli obbietti
A cui ricorro più, come la voglia 230Più mi sorrida e l’opra mi secondi,
Lieve lieve s’accresca il prezzo, ond’io
Ne sopporti l’acquisto; e mentre pago
Degli obbietti il valore, io paghi insieme
Inavvedutamente in lui confuso 235Il valor delle tacite gabelle,
Che si nomâr dalle gabbate genti.
Talora avviene, che pel dazio offesa
Tanto la merce sia ch’io la rifiuti.
Tu dell’ingrato pondo la disciogli; 240E vendendo la merce il dazio porti.
Indi l’una restringi, e chi ne move
In cerca desïoso, all’altro inchina
Volontario le spalle. Etenia lotta