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le imposte. 129

     Niuno più fosse con paterno senno.
     Con unica suprema potestate
     110Regni la Legge, interprete fedele
     Del pensiero d’Iddio. Mano per tutti
     Egual si ponga ad essa; e a tutti splenda,
     In bella pace liberi e securi,
     Limpido raggio di vita serena.
     115O tu, che siedi vigile custode
     Del comun dritto a guardia, oh! quali offese
     Da noi rimovi, e quai frutti benigni
     Coglier ci doni dalle intatte piante.
     Quali discacci tenebre, ed abbatti
     120Importune barriere; ed apri vie
     Agli alternati cambi; e quale infondi
     Novello ardore alle agghiacciate vene,
     E nova agli abbattuti animi e stanchi
     Speme e fidanza. Del servigio degna
     125È la mercede imposta alle soggette
     Genti in proporzïon delle diverse
     Fortune all’ospitale ombra cresciute.
Chi l’armi impugna, e chi la toga indossa
     A tutela comune, equo ritragga
     130Dal tesoro comune il suo compenso.
     A che ti lagni, se una parte cedi
     Di tue dovizie a lui, che l’altra parte
     I giorni spende a conservare intento?
     Al castaldo, al donzello, al portinaio
     135Neghi forse il salario? O non t’incresce,
     Che a dar nel sangue e nell’aver di piglio
     Ti piombi addosso il ladro e l’assassino?
     O contro ad essi valido riparo
     Del tuo petto farai, se non gli affreni
     140Il timor della legge? O non discerni
     Come col mezzo del comun tesoro