Niuno più fosse con paterno senno.
Con unica suprema potestate 110Regni la Legge, interprete fedele
Del pensiero d’Iddio. Mano per tutti
Egual si ponga ad essa; e a tutti splenda,
In bella pace liberi e securi,
Limpido raggio di vita serena. 115O tu, che siedi vigile custode
Del comun dritto a guardia, oh! quali offese
Da noi rimovi, e quai frutti benigni
Coglier ci doni dalle intatte piante.
Quali discacci tenebre, ed abbatti 120Importune barriere; ed apri vie
Agli alternati cambi; e quale infondi
Novello ardore alle agghiacciate vene,
E nova agli abbattuti animi e stanchi
Speme e fidanza. Del servigio degna 125È la mercede imposta alle soggette
Genti in proporzïon delle diverse
Fortune all’ospitale ombra cresciute.
Chi l’armi impugna, e chi la toga indossa
A tutela comune, equo ritragga 130Dal tesoro comune il suo compenso.
A che ti lagni, se una parte cedi
Di tue dovizie a lui, che l’altra parte
I giorni spende a conservare intento?
Al castaldo, al donzello, al portinaio 135Neghi forse il salario? O non t’incresce,
Che a dar nel sangue e nell’aver di piglio
Ti piombi addosso il ladro e l’assassino?
O contro ad essi valido riparo
Del tuo petto farai, se non gli affreni 140Il timor della legge? O non discerni
Come col mezzo del comun tesoro