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126 sermone decimoterzo.

     La benefica stilla e la corrente
     Limpida vena, sì che il verde prato
     E il pingue cólto ne sorride, e lieto
     Il variopinto margine si abbella.
10Tale in sembianza alle ingannate menti
     O ingannatrici appar l’arte infinita
     Dello smungere i popoli maestra.
     Cogli effluvi, che intorno in parti mille
     Dalle fortune singole delibi,
     15Miracol novo, il sempiterno rivo
     Della fortuna pubblica ristori,
     Alimenti e propaghi; e in mille parti
     L’adduci intorno serpeggiando, e avvivi
     Dell’arti la moltiplice semenza.
     20Ma dimmi, o che la tua vista si appanni
     Per caligine densa, o che l’altrui
     Deluder tenti con dipinto vetro,
     Se da celeste vampa inaridite
     Languon l’erbette tenere, cui manca
     25Il vital succo di materna gleba;
     Dimmi, che giova se il perduto umore,
     Che al gioco avanzi di mutabil vento,
     Nè per l’etere vano si disperda,
     L’avara pioggia e tarda in parte renda?
30Poni, che cento e cento aurati nummi
     Di fabbrili a dotare ordigni io serbi
     L’officina, che langue inerte e muta;
     Od a solcar delle infeconde zolle
     Con vomere potente il sen ritroso.
     35Tu del riposto cofano mi sforzi
     Sino il fondo a toccare e cento e cento
     Aurati nummi liberal presumi
     Indi partir fra le diverse schiere.
     Ma non intendi a qual patto si mostri