325O giova pasturar l’umana razza
Come stupido armento si pastura?
Ma la verga fatal da un lato impugni,
E di tacer fai segno; e già coll’altro
All’adultera chiave il moto imprimi 330Le porte spalancando, onde l’accolta,
Più ch’aurea mèsse, a vil merce si adegui.
Quando è legge il tacer col labbro, muta
Non è del ragionar l’interna voglia:
Nel segreto pensier quindi si parli. 335Al fosco balenar della tua chiave,
Onde Epulone e Lazzaro confusi
Raccolgono per cento un uno appena,
Ad altre porte addoppiansi le sbarre,
A cui battendo andrai con debil polso 340Col vuoto sacco dimandando pane. —
Al panattiere, al panattier la meta
Almen si ponga, e all’umili civaie
La banderuola sventoli, dettando
Norma ai profani, che alla prima aurora 345Osan turbare i variopinti sogni
Del cittadin, che alle primizie care
Con gentil fraude sbadigliando agogna
A guiderdon delle protratte veglie.
Chi sventola, siccome alito spiri, 350Punta non teme di scoccato strale;
E di me stesso meco mi vergogno,
Che pur col cenno ne tentai la prova;
Ed i fischi m’intronano gli orecchi.
Io riedo al panattier, che incerto pende 355Dai colpi della rigida bacchetta
Che intorno meni colla benda agli occhi;
Sì colla benda; e a te medesmo credi,
La ragione dei computi cercando