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la penuria. 119

     Applauda, e gavazzando in poco d’ora
     190Logori il frutto, che serbato a tardi
     Giorni potrebbe soddisfar le brame
     Del famelico ventre. A iniqua impresa
     T’accingi allor che per insania cieco
     Col furor delle leggi o delle spade
     195Incontro al naturale ordine cozzi,
     Che al pregio delle cose i gradi assegna.
     Per un che afferri e stringi per la strozza,
     Qual notturno ladron che nella gola
     Al vïandante il suo coltello appunta,
     200Mille e mille s’involano portando
     Seco l’incarco della bionda mèsse.
     Onde la turba squallida e deserta
     Tardi si morde bestemmiando il dito;
     Nè dell’antico error si riconsiglia.
O205di mali veridico profeta
     Fosti; e men tarda a presagirne i danni,
     Piena recando e necessaria emenda.
     Stata sarebbe della nota schiera
     La mente consapevole. Dall’odio,
     210O dallo sprezzo vinta si ritrae,
     E il campo lascia agli avidi vampiri,
     Che astutamente per occulte vie
     Succiano il sangue della gente grama.
     O tratto in fallo dal mendace avviso
     215Involontario mentitor mentisci;
     E colle larve di mentita fame
     L’impazïente stomaco condanni
     Verace a sopportarne indegno strazio.
Sono al cultore ed alla plebe infesti
     220I tuoi divieti. All’áncora negando
     Il porto allor che le straniere biade
     Minacciano inondar gli arati campi,