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118 sermone decimosecondo.

     155Già vedesi tremando, oso non fia
     A te recar dalle remote spiagge
     Novelle spiche a ristorare in tempo
     I danni della povera contrada,
     Onde, padre e signore, il freno stringi.
160Poichè la Luna rinnovò la faccia
     Più volte, alfin dei cómputi secreti
     L’infallibil responso a noi riveli.
     La mèsse abbonda; in placido riposo,
     O felice mio gregge, i sonni alterna
     165Col facile ingoiar delle converse
     Biade. Dicesti; a mezzo il crudo verno
     Vengon manco le biade. Aita aita
     Allor chiedendo con voce affannosa
     Indarno vai; chè di lontan non ode
     170Il nocchier che la nave altrove addusse,
     Nè puote ritentar l’onda costretta
     Dal pigro gelo in solido adamante.
Apportator di candide novelle
     Incauto fosti; or dalla tua cortina
     175Il propagato suono i mali annunzia
     Della vicina fame: un disperato
     Grido s’alza alle stelle. Al tuo dimando
     Avaramente negasi l’offerta,
     Fin che la speme di miglior ventura
     180Per lo sperato prezzo innanzi arrida.
     Orsù, littori, le porte abbattete;
     Ed esca fuor del tenebroso speco
     Alla luce del Sole in un baleno
     La dovizia di Cerere. Beato
     185Il volgo applauda al magico compenso,
     Che delle biade scarse al prezzo avaro
     Impone legge, a vil prezzo spezzando
     Più ritondo sui deschi gravi il pane.