Che di terrore i petti invade e agghiaccia.
Il fremito si tacque a poco a poco, 55Chè a poco a poco vien manco la voce,
Che dir vorrebbe e dir non puote; ho fame.
Se non è dal timor cinta la testa,
Nè vaneggia per l’etere ondeggiando,
Al dritto ragionar l’orecchio inchina. 60Non sempre ai voti del cultor risponde
In tutte parti la raccolta mèsse;
Chè l’indiscreta pioggia, o il dinegato
Ristoro di benefica rugiada,
O di torrente torbido la piena 65Che ruppe ad allagare i pingui cólti,
L’occulto morso di malvagio insetto,
Il flagellar di saltellante grandine,
E al rauco suon delle guerresche trombe
Lo scalpitar di barbari cavalli, 70Portan col vento del cultore i voti.
Ma in tutte parti di sinistra luce
Non balenano in cielo astri maligni
A un tempo. Qui l’inaridite e magre
Povere spighe adagiansi già tocche 75Dalla strisciante falce; e là chinando
Il capo grave sul robusto stelo
Cadon recise, e oltre la speme fanno
Inorgoglir le biondeggianti biche.
Co’ suoi cent’occhi il vigile commercio 80Intorno riguardando indaga e vede;
E a un lieve suon che s’oda di lontano,
Ascolta dove al fervido desio
Male risponda la speranza, e dove
L’opra il confine del bisogno ecceda. 85Indi le cento braccia allarga e stende,
E in giro move; a cento navi e cento