Ciò che improvvisa grandine con furia
Giù cadendo, non fa pei lieti campi 335Inghirlandati delle bionde spiche.
I tributi vi pesano? Ma quale
È più grave tributo e più frequente
Di quello che la crapola v’impone,
II lubrico ridotto e l’ozio e il gioco, 340E il chiedere a fidanza, e il render tardo?
Se l’infecondo e prodigo consumo
Nuoca o giovi al salario, in parte dissi,
E in parte ridirò con altro verso.
Oh! quanto giova che gli alterni uffici 345Si partano fra lor sì che al bisogno
L’un non difetti e l’altro non soverchi.
Troppo l’opinïon falsa c’inganna
Nella scelta, da cui pende la sorte
Avversa o lieta della vita nostra! 350Il giovin baldo slanciasi securo
Al corso, immaginando innanzi a lui Viver con soavissimo pendio
Seminato di rose il suo cammino.
Ma quando vuol della smarrita via 355Indietro ritornar, l’impeto primo
In cor gli manca, e il piè stanco vacilla.
Alla baldanza giovanil si allenta
Talora il freno dal paterno orgoglio,
Quasi che dal venal lauro recinta 360Più libera la fronte al cielo innalzi
L’imberbe figlio nel sembiante grave,
Ma lieve lieve al muovere dell’anca.
So che fra cento porte al genio aperte
Una appena rimane, in cui penètri, 365Il suol radendo con tarpate penne;
Ove una ingorda razza e bieca regni