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il salario. 99

     Dalla speranza del bramato frutto
     Cento e cento si attergano mostrando
     Le destre invano a fecondarlo intese. —
Ma dall’estranio lido, a più felice
     235Tempra foggiate, a noi vengon le merci,
     Se doppio baluardo nol contenda.
     A noi vengon, che sotto il grave carco
     Dei balzelli curvando l’omer lasso,
     Mai non potremmo ragguagliare al corso
     240Chi sciolto vola e libero alla meta. —
     Dunque, io soggiungo, a noi venga gradita,
     E tanto cara più l’esterna merce,
     Quanto di sacrifizio e di fatica
     Più a noi risparmi, ed il risparmio accresca
     245La debil lena a più felici intenti.
     Il pondo allevia delle tue gabelle,
     Se la ragione e il benefizio ecceda.
     Alleviarlo non puoi? Strano compenso
     Del monopolio a noi recano i danni,
     250I tirannici prezzi, i lucri estorti,
     E gl’insolenti sgherri a guardia posti
     Delle compre per noi doppie barriere.
Da legge stolta, baldanzosa e vana
     La promessa di facili salari
     255E larghi e certi con amaro inganno
     Non chieder no, finchè t’aiuti Iddio.
     O in ogni tempo e tutti uomini abbraccia
     Per ogni loco con equabil norma
     Dalle scherzose nuvole scendendo;
     260O gli uni a caso, a forza, a stento copre
     Delle involate altrui lacere spoglie.
     Benefica l’applaudo, ingiusta l’odio,
     E bugiarda la sprezzo; e di bugiarda
     Il nome merta e il vituperio, quando