Dalla speranza del bramato frutto
Cento e cento si attergano mostrando
Le destre invano a fecondarlo intese. —
Ma dall’estranio lido, a più felice 235Tempra foggiate, a noi vengon le merci,
Se doppio baluardo nol contenda.
A noi vengon, che sotto il grave carco
Dei balzelli curvando l’omer lasso,
Mai non potremmo ragguagliare al corso 240Chi sciolto vola e libero alla meta. —
Dunque, io soggiungo, a noi venga gradita,
E tanto cara più l’esterna merce,
Quanto di sacrifizio e di fatica
Più a noi risparmi, ed il risparmio accresca 245La debil lena a più felici intenti.
Il pondo allevia delle tue gabelle,
Se la ragione e il benefizio ecceda.
Alleviarlo non puoi? Strano compenso
Del monopolio a noi recano i danni, 250I tirannici prezzi, i lucri estorti,
E gl’insolenti sgherri a guardia posti
Delle compre per noi doppie barriere.
Da legge stolta, baldanzosa e vana
La promessa di facili salari 255E larghi e certi con amaro inganno
Non chieder no, finchè t’aiuti Iddio.
O in ogni tempo e tutti uomini abbraccia
Per ogni loco con equabil norma
Dalle scherzose nuvole scendendo; 260O gli uni a caso, a forza, a stento copre
Delle involate altrui lacere spoglie.
Benefica l’applaudo, ingiusta l’odio,
E bugiarda la sprezzo; e di bugiarda
Il nome merta e il vituperio, quando