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98 sermone decimo.

     Terribil varco. O a consumar mi sforzi
     Il poderoso nerbo; e a mezzo cade
     La povera officina, onde si fugge
     200La mesta schiera colle mani vote:
     O quello strazio prevenir mi avviso;
     E la schiera delusa in due partita
     Rimane sì, che all’una parte serbo
     Quello che all’altra congedando niego.
205Dal nuocer, se giovar non sa nè puote,
     Almen si guardi il pubblico decreto;
     E nuoce allor, che delle industri prove
     Rallenti il corso colle opposte dighe,
     Onde scema il lavoro e la mercede.
     210O il verace salario, a poco vento
     Che insulta e passa quasi riducendo
     Cogli avidi tributi, il viver gramo
     Renda. Perchè delle straniere merci,
     O delle biade ad altro Sol cresciute
     215Rifiuti il dono, ed i codardi sonni
     Del nativo cultor proteggi e bei?
     So che un profitto a lui si rassicura
     Sotto color, che le augurate imprese
     Più largamente fecondando, inviti
     220A conati maggiori e a degno premio
     Di più larga mercede. Al campo infesta
     E al popolo non meno è l’ombra tetra,
     Che su vi stenda la maligna pianta
     Del monopolio, onde lo stolto ride.
     225E l’officina, mendicando i certi
     Soccorsi smunti delle borse magre,
     Vuote le rende appien, quando l’usura
     Del prezzo aggiunge alla men ricca merce.
     Il soverchiante prezzo esclude mille
     230Dall’angusto mercato, e ai mille esclusi