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il salario. 97

     Lavoro e pane, ed io per dieci appena
     Ho la materia ed i congegni in pronto;
     165Dimmi, se il cor ti basti, a quante e quali
     Prove saranno i miseri condotti;
     Mentre più che una morte lenta e muta
     Par che giovi il morire in guerra aperta?
     Langue l’inchiesta allor che l’alimento
     170Vien manco del lavoro; e l’importuna,
     E dolorosa e disperata offerta
     Tanto si accresce più quanto più ratto,
     Oltre il confin che da ragion si ferma,
     Il numeroso popolo trascorre.
175L’inesorabil fame al necessario
     Prezzo dell’opra forse il varco estremo
     Addita e segna? A te risponda il verno
     Orrido e crudo; che alla mèsse avara
     Fra le angosce, gli stenti e le paure
     180Succede minacciando. Al caro prezzo
     Dello stremato pan forse s’adegua
     Il meschino salario, incerto e tardo?
     A non sani giudizi ancor ne guida
     La tenace pecunia, inutil motto
     185Se le cose toccare a me dineghi.
     Vano sgomento! Il pubblico decreto
     Ogni misura agguagli, e al caso cieco
     Colla sua luce sottentrando, adempia
     Il difetto comun. Da senno parli?
     190Al tocco della magica bacchetta
     Forse di nove biade e novi arnesi
     Fia che l’ignota altera maraviglia
     vampa del Sol sorga e risplenda?
     Caccia in bando le fole; e pensa come,
     195Se la materia manchi ed il compenso,
     Raddoppiando il salario, a questo arrivi