Non chiamerò; nè chi dentro vi stampi,
Da ignota parte penetrando, l’orma 20Tacito, lento, avvolto in bianco lino,
Ad aperti occhi con pupille immote
Infermo sognator, che tutte affisa
Ad una ad una le segrete stanze:
Par che vegli e che guardi, e nulla vede; 25Ma benchè dorma, e a caso il passo muti,
Un tremito mi fa correr per l’ossa.
Altri, vegliando, di un dipinto vetro
Le luci s’arma, e colorate in giallo,
Come colui che d’itterizia langue, 30Mira sprezzando le diverse cose,
Che rifrangon del Sol raggi diversi.
Qui del lettor la favola ragiona;
Ma di chi scrive e allo sbadiglio invita
Le note istorie ricordare è vano. 35Nè l’uffizio di giudice severo
S’addice a me, che volontario ai colpi
Di sentenza fatal chino la fronte.
Quali discolpe con blandizie false
Andrò cercando a guisa di mendico, 40Ch’umile in vista il non merlato pane
Chiede, ed afferra con superbo piglio?
O se il dineghi, guata biecamente
Come a carpita ed agognata preda,
E al tuo rifiuto bestemmiando impreca? 45S’altri turi le orecchie e poi percota
Nulla giova il gridar: batti ed ascolta.
Al chiaro Sol le dispiegate carte
Mute saran, se il sonito di tuba
Non desti a riguardar? Il lucid’oro 50Della celeste vampa ai raggi tratto
Novo acquista fulgor: luce non dánno,