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804 nota filologica

bisogna però registrare qui un’altra dichiarazione del Papanti, sempre a proposito della fine del codice Baroni1:

È poi a mia certa notizia, che intorno all’anno 1808, tutti i libri del prefato Baroni, furono da lui venduti alla principessa Baciocchi, la quale, in quel tempo, signoreggiava il territorio lucchese; ma se, com’è da supporsi, in quelli fosse pur compreso il codice Sercambi, è cosa che non giunsi ad assicurarmi, per quante pratiche io abbia fatte in proposito. Seppi bensì che, dopo la caduta del primo Napoleone, i Baciocchi, caduti essi pure, presero stanza in Bologna, dove la loro Biblioteca andò dispersa.

Conviene ora domandarsi fino a qual punto la descrizione del padre Baroni sia accurata e se essa sia veramente basata su di una conoscenza completa del codice o solo parziale. A questo proposito, bisogna prima di tutto notare che il Ser che appare davanti a Giovanni esclude che il titolo che appare nella descrizione possa esser di mano dello stesso autore o di un suo contemporaneo. Inoltre, bisogna ricordare un particolare già da noi rilevato, ma sfuggito non solo agli editori del Sercambi ma agli stessi descrittori del codice T, e cioè il fatto che esso reca sul dorso come titolo: Sercambj / Novelle / C. Non v’è traccia di cifre svanite o di rasure dopo il C. Potrebbe forse darsi che i Baroni si fossero lasciati guidare da quella chiara iscrizione e non si fossero curati di controllare fino in fondo il codice che per loro non aveva alcun particolare interesse?

La prima notizia dell’apografo Trivulziano che oggi conosciamo risale al 1816, allorché Bartolomeo Gamba pubblicò venti novelle del Sercambi. Da quanto si apprende dalla breve prefazione, pare che il codice gli fosse stato affidato dal Conte Gio. Giacomo Trivulzio perché lo esaminasse. Egli infatti stabilisce che esso non può essere autografo, riesce a dame una datazione approssimativa, decifra l’acrostico dell’Introduzione dando notizie del Sercambi. Afferma poi che, essendo il codice quasi indecifrabile, ne fece trarre una copia, dalla quale egli poi trasse le sue venti novelle2. Non possediamo alcuna descrizione dettagliata di tale copia3, né si hanno notizie sul numero degli estratti su di

  1. Op. cit., p. v.
  2. Nov. di G. S. cit., pp. iii-iv.
  3. Che una volta era essa stessa conservata nella Bibl. Trivulziana in due separati mss. catalogati sotto i nn. 194 e 195. Il Porro, nel suo cat. registra i due mss. (cfr. cat. cit., p. 406), notando solo che «è diviso in due volumi e vi sono riprodotti gli errori di lingua e di ortografia dell’originale». Qualche anno fa, avendo richiesto una riproduzione fotografica dei mss. attraverso la Bibliot. dell’Università di Toronto, ci fu risposto che essi erano andati distrutti