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novella xvi 93

vallo e ser Martino con lui, divenne che correndo lo prefetto per lo prato, uno grillo si levò di terra. Lo prefetto quello prese con mano e vennesene a ser Martino dicendo: «Ser Martino, indivinate quello habbo in mano; se indivinate, sarete lo migliore filosafo del mondo, e se non indivinate, vi farò morire». Ser Martino, udendo <ciò che> il prefetto li avea messo innanti, lassando la materia, ricordandosi quando andava portando i matoni che il suo nome era Grillo, disse con gran paura: «Grillo, Grillo, alle cui mani se’ venuto a morire!» Lo prefetto, che uno grillo avea in mano, aperse la mano in presenzia de’ suoi baroni e disse: «Ser Martino, voi siete lo miglior filosofo del mondo, ché bene indivinaste!» Ser Martino disse: «Lodo Idio». E pensò dover ritornare, dicendo: «Costui mi potrò’ giungere a uno punto che io morrei».

E tornati a casa, prendendo licenzia dicendo: «Io avea li miei fatti lassati in abandono»; e per volerlo servire si mosse, e che li piacesse licenziarlo e se altra volta lo volesse, tornerò’; lo prefetto, udendoli dire si eficaci ragioni, li donò fiorini v cento et alcuni cavalli.

Ser Martino, preso licenzia, con l’ariento e coi denari ritornò a Siena né mai per la paura volse più essere notaio, ma come contadino volse poi vivere, prendendo moglie.

Ex.º xvi.