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XIIII


Lo preposto avendo sentito lo poco amore e subito perduto di quella che piangea il marito, spregiandola, si volse verso l’autore dicendo che una novella apparecchiasse la mattina quando da Cortona si moveano. Al quale l’autore rispuose che presto ubidirà il suo comandamento. E venuta la mattina per caminar verso la Città di Castello, a la brigata rivoltòsi dicendo:


DE MULIERE ADULTERA

Di ser Cola da Spoleti e di Matelda sua donna.


Uno nomato ser Cola da Spoleti — il quale altra volta avete udito contare innella novella dell’uomo giustiziato a Perugia — , lo quale ser Cola avendo una sua donna bella nomata Matelda et avendo veduti i modi tenuti di quella di Perugia, tornato a Spoleti pensò di provare la moglie se il bene che a lui dimostrava di volere era fermo come in apparenza dicea.

E restato alquanti di in Spoleti con lei, uno giorno fingendosi d’esser malato disse: «Matelda, per certo l’aire di Perugia e l’affanno che io vi portai all’officio m’ha condutto a tale che veramente io mi morrò». Matelda, che ode ser Cola, piangendo disse: «O marito mio, come farà la trista tua donna? Se morissi, per certo io m’ucciderei!» E tale era il duolo che Matelda facea di quello che ser Cola li avea ditto che parea che dinanti li fusse morto, mettendo guai inestimabili. Ser Cola disse: «Donna, qui bisogna altro che piangere; però, mentre che avrò vita in corpo, ti prego m’aiuti in quello si può». La donna disse: «Oimè, marito