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vestito di nero: caviamlo del monimento e possiallo apiccare; e per questo modo tu scamperai». Ser Cola udendo la sua salute: «U’ è? Ci spacciamo!» E basciatola, e la donna disse: «Facciamo tosto e poi ci potremo inne’ letto abracciare». Ser Cola disse: «U’ aremo uno cavestro?» La donna subito ne prese uno, e mossesi co’ lume et andorono al monimento.

Et apertolo, la donna entrò dentro e ’l cavestro li misse alla gola e poi con quello lei e ser Cola lo tironno fuori del monimento. E ricoperto lo monimento, lo portarono alle forchi; e su per la scala la donna montò e, legato lo cavestro alle forchi, lo marito apiccò; e disse: «Omai se’ libero del pericolo <in> che eri». Ser Cola ricordandosi che quello ch’era stato apiccato avea meno du’ denti dinanti, la donna disse: «Lassa fare a me». E prese una pietra e montò su per la scala; e quando fu alto, colla pietra percuote alla bocca del marito e rompeli du’ denti dinanti. E scesa, disse: «Ser Cola, andianci a riposare, che questa notte non si perda». Ser Cola contento colla donna n’andò e tutta notte si denno piacere.

La mattina ser Cola torna a Perugia: lo podestà trovò un altro suo notaio che l’apiccato guardasse. E per questo modo lo marito di monna Legiera rimase fracido in sulle forchi. Ser Cola avendo una donna in Spoleti che molto l’amava, pensando di quello che gli era incontrato di monna Legiera, parendo largo quel tempo che stare dovea in officio, desiderando di tornare per fare esperienzia della sua dimora fine alla fine del suo officio.

Ex.º xiii.