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mestieri di cuoco fanno, con libri e con maestrìa s’ingegnano le vivande fare tanto ghiotte che la loro bottega abbia gran ressa e guadagno. Et infra l’altre vivande, in Vignone e dov’è la corte di Roma, ci sono li pastelli e di quelli si fanno assai, con gran profitto.

Sentendo che molto guadagno si facea de’ pastelli, uno giovano da Fermo nomato Troiante, il quale più anni era stato scarano e malandrino e d’ogni cattiva condizione, il quale più volte come malvagio avea mangiato e lesso et arosto de li omini che uccisi aveano, et avendo sentito quanto era ghiotta cosa, pensò d’andare a Vignone poi che sentito avea l’arte de’ pastelli e del cuoco esser di tanto frutto. E così da Fermo si partì e caminò a Vignone, dove Troiante fe’ uno ostello di mangiar cotti. E per aver nome di fare buone vivande, et anco per ispender meno, se n’andava ogni dì al giubetto e della carne delle cosce e de’ luoghi carnosi di quelli che di fresco apiccati erano prendea e e con quella facea de’ pastelli. E tali vernano tanto odoriferi e buoni, che tutto Vignone concorrea a prendere da Troiante li pastelli et altre vivande.

<Avenne che uno>, essendo molto ghiotto, co’ suoi amici procacciò la podestaria di Vignone solo a fine di quelli pastelli potere mangiare. E come pensò li venne fatto, ché eletto fu podestà di Vignone et all’officio andò. Et intrato innell’oficio, domandò quelli che usavano le vivande ghiotte qual persona le facea migliori. Fulli ditto Troiante essere sommo maestro, e che pari di lui trovar non si potea. Lo podestà subito mandò per lui.

Troiante comparito disse al podestà quello che volea. Lo podestà disse: «E’ in’è ditto che tu fai le miglior vivande e le più ghiotte che persona di Vignone, e massimamente li pastelli; e pertanto voglio che ogni dì ch’è da mangiare, fà che io n’abbia alcuno». Troiante disse: «Serà fatto». E partitosi, la sera ne li mandò uno dicendo: «Questo vi manda Troiante che l’asaggiate, e non vuole che questo alcuna cosa vi gosti; e se questo vi piacerà vi farà delli altri e voi li pagherete». A cui lo podestà disse ch’era contento. Et assagiato quello pastello e parutoli buono meglio che vivanda che mai mangiasse, mandò a dire a Troiante