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novella ciii 451

giava per non ispendere; e simile la donna sua e l’altra famiglia avea sì amaestrata in avarizia che quasi come lui erano avari diventati.

E infra l’altre avarizie che il ditto maestro Pace facea, si era che non tenea fante neuno. E più volte essendo da’ suoi amici ripreso della avarizia che in lui regnava, e massimamente di non tenere — uno suo pari — uno o du’ cavalli con uno fante almeno, lui rispondendo che non potrè’ cavallo tenere che più di fiorini xxx l’anno non gostasse, e il fante, senza le spese, di salario almeno fiorini xv converè’ pagare, si che più di c fiorini ogn’anno spender li converrè’; dicendo che cavallo non bisognava, però che quando bisogno fusse che ad altri convenisse fuori di Pisa andare, che tale per bisogno il cavallo e ’l fante li presterè’, e per Pisa pogo si curava di cavalli né di fante però che sempre il garzone dello speziale non li verrè’ meno: «E meglio è che io mi guadagni l’anno quello che i cavalli e ’l fante consumassero, che tristamente spender li fiorini c l’anno, per serbarli a chi bisogno n’arà». Li amici, che odeno quello che maestro Pace dice, cognoveno di vero che l’avarizia lo movea a tenere tali modi; diliberonno più di tali cose non ragionarne, lassandoli fare denari a suo modo. E tanto creve il guadagno del ditto maestro Pace che più migliaia di fiorini guadagnati ebbe. E crescendoli i denari li crescea l’avarizia, intanto che per tutto Toscana era sparto la novella che maestro Pace era ricco a fondo et era avaro più che Mida, che del suo vedere sì potea ma non toccare.

E dimorando per questo modo, certi omini atti a rubare, del contado di Raganato, soldati del comune di Firenza, avendo sentito quanto maestro Pace da Pisa era ricco et avaro, diliberonno con un bel modo gran parte della sua robba avere. E dato tra loro ordine del modo, come merendanti si vestiron e per la via di Siena a Pisa cavalcaron onore vilmente vestiti <come> omini d’un medesmo luogo nati. E giunti in Pisa et allogiati all’abergo del Cappello a l’Aia, quine u’ a l’oste disseno che li facesse star bene ad agio, dando suono d’esser mercadanti di molte mercantie, l’oste, che onorevili e con buoni cavalli li ha veduti, e per lo buono pagamento, li facea ben godere.