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novella vi 35

di Cateruzza et alla figliuola, disse: «Udite che dice che v’ha ben contenta?» La madre e Cateruzza disseno: «Signore, e’ non è la verità, né siamo né saremo mai contenti, se voi non fuste quello che contentar ci facesse». Alle quali parole messer Bernabò rivoltosi verso messer Mafiolo dicendoli se volea che lui aconciasse questi fatti, rispuose messer Maffiolo di sì. E simile si rivolse a Cateruzza e alla madre e tali parole disse loro; ellino rispuoseno di sì.

Allora messer Bernabò stimò che messer Mafiolo avea di valsente fiorini vi mila; e chiamato uno cancillieri fé’ fare carta che messer Mafiolo prendea Cateruzza per moglie e che lui la dotava fiorini vi mila. E simile, che Cateruzza prendea per marito messer Mafiolo. E rogato il contratto, rivolsesi a messer Mafiolo dicendo s’è contento; lui disse sì. E dapoi rivoltosi a Cateruzza dicendoli se ella era contenta, avendo Cateruzza assagiato quello ugello (posto che forzatamente vi fusse condutta, li piacque), disse di sì. E contente le parti messer Bernabò disse: «Ora s’ha a contentare me». E voltosi verso Mafiolo dicendoli: «Mafiolo, come hai avuto tanto ardimento sotto la mia signoria a rapire le pulcelle e donne altrui, e se’ stato sì presuntuoso che a’ miei bandi non hai ubidito?», Maffiolo disse: «La volontà bestiale m’indusse a fare quello che io feci». Messer Bernabò disse: «E come bestiale te ne farò portare la pena». E subito per lo podestà li fece tagliar la testa e la ditta Cateruzza a uno suo cortigiano gentile e povero la maritò, con assegnarli quello ch’era stato di messer Maffiolo.

E per questo modo messer Bernabò usò somma giustizia.

Ex.º vi.