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VI


Essendo stato il preposto colli orecchi aperti per scoltar la novella del re Costanzio, la quale piacque a tutta la brigata, e massimamente alle donne piacevoli et oneste aver sentito la providenzia di Calidonia. E pertanto, perché il camino non rincresca alla brigata, fue pregato l’altore che dovesse passare il camino con qualche dilettevole novella: «Fine che al bel castello di Prato sará la nostra posata». L’aultore desideroso di contentare la brigata, voltatosi a’ signori et alle donne che quine erano e a li altri onesti, dicendo:


DE SUMMA JUSTITIA

Di monna Ambrogia e Cateruzza sua figliuola.


Fue in Milano città di Lombardia, al tempo di messer Bernabò, una donna ostratrice, o vero balia da levare fanciulli, nomata mona Ambrogia, la quale avea una sua figliuola di xiii anni nomata Cateruzza, bellissima e savia donzella, la cui mona Ambrogia in ogni luogo la conducea seco per non riceverne beffe. E massimamente la conducea in casa di madonna Reina, donna di messer Bernabò, che molto spesso Reina ve la iacea venire prendendo della ditta Cateruzza molto piacere.

Divenne che un dìe un cavalieri di corte nomato messer Maffiolo s’inamorò di costei e pensò con certo modo la ditta Cateruzza prendere e di lei far sua volontà. E come pensò misse in efetto: che, ritornata in casa la ditta Cateruzza non essendovi la madre, quella rapìo e condussela alla casa sua e quine faccendone suo volere. Monna Ambrogia non trovando la figliuola in casa, dolen-