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vada, che sarei contento che qui dimorasse». Li ambasciadori disseno: «Faite il vostro dovere e poi lassate a lui il pensieri dell’andare e dello stare». Lo re fu contento et ordinò che lo dì di san Michele Arcangelo, «che serà in domenica, vegna a chiedere ciò che li piace et io l’aterrò meritamente secondo la promessa fatta».

Tornati l’imbasciadori al medico e tutto narrato, fu contento. E disse al padre: «Padre dolcissimo, omai è tempo che Dio ci ristori di tutti i vostri e miei affanni. E pertanto piacciavi, come sempre siete stato meco in una camera a dormire, così domenica mattina sarete a conciarmi. E faite che io abbia del lustro che s’usa a Firenze, che io voglio dimostrare più bella <ch’io> sia». Lo padre, ch’era disposto a tutto servirla, comperò di quelle cose che a far belle <le> donne si richiede e <a> lei <le trasse>.

La domenica mattina, vestita quella onorevile robba, conciatasi la bionda treccia e legiermente alla costa a voltasela et in capo uno capuccio grande in modo di medico messosi et uno mantello scherlatto in dosso che niente della palandra si vedea, e ben parea un piacevole e giovano medico, intanto che molte volte le donne che lui aveano veduto, e massimamente la mattina, s’inamoronno di lui.

E raunato i’ re con tutti i baroni e donne lo dì nomato, fu richiesto lo medico che venisse a chiedere la grazia promessa. Et uscendo di camera aconcio come ditto, e dirieto il padre vestito onorevilmente, e giunti innella sala là u’ da tutti li fu fatto sommo onore e venuto davanti a’ re, lo re li parla, doppo il molto contentamento avuto per la sua venuta, che lui era presto a tutto ciò ch’e’ chiedere sapesse, salvo la corona; e così presente tutti i baroni e donne promisse. Al quale rispuose: «Io, chi mi sia, sono nato di gentil sangue e di buona e reale terra e il padre mio ho avuto sempre apresso di me. E se vi piaccia che io dica tutto quello che a me bisogna e di mia condizione in processo del mio ragionamento, sì <vi> suplico <rispondere> alla mia domanda. E se questo promettete, dirò». Lo re di nuovo giura e promette di tutto fare. Allora, mutato parlare, disse: «Carissimo re et a me signore, voi sete senza donna, et onesta e savia bisognerò’ al vostro magni-