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LXXVII
Li servidori avendo udita la dilettevole novella, fatto presti confezioni e grechi et alla brigata porti, li cantatori comincionno alcuna canzonetta in questo modo, cioè:
«L’aguila bella nera pellegrina
ch’ogi da me pasciuta e non tornò,
col pasto in mano la chiamo: oh oh oh oh.
Perché la guarda un aquilone, non riede,
che la covò nel nido el diavol, che
rimutò <oh> in dire: omè omè.
Ma se la tira amor per geti, e grolla,
che, se la vecchia bada, in mano aròlla.»
La qual ditta, il preposto comandò a l’altore una novella dica. L’altore voltandosi disse:
DE VITUPERIO FACTO PER STIPENDIARIOS
Della città d’Arezzo, come fu disfatta per parte e
le donne vituperate.
Nel tempo che la città d’Arezzo fu dalle genti guelfe e ghibelline fatta mettere a saccomanno — innella quale città migliaia di omini di compagna si trovonno et in quella molto danno fenno, come di rubare e disfare case e massarizie per fuoco, intanto che parea uno paese disfatto — , non di meno delle donne di tal città