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novella lxxi 315

dendosi Dante esser in capo di taula, pensò dimostrare a’ re quello avea fatto. E come le vivande vennero e’ vini, Dante, prendendo la carne, et al petto e su per li panni se la fregava; così il vino si fregava sopra i panni. Lo re Uberto e li altri baroni che quine erano diceano: «Costui dé esser un poltrone, a dire che ’l vino e la broda si versa sopra i panni». Dante ode che altri lo vitupera, stava cheto. Lo re, che ha veduto tutto, rivoltosi a Dante dicendoli: «Dante, che è quello che io v’ho veduto fare? Tenendovi tanto savio, come avete usato tanta bruttura?», Dante, che ode quello desiderava, disse: «Santa corona, io cognosco che questo grande onore ch’è ora fatto, avete fatto a’ panni; e pertanto io ho voluto che i panni godano le vivande aparecchiate. E che sia vero, vi dico che io non ho ora men di senno che (allora quando prima) ci fui, poi che in coda di taula fui asettato, e questo fue perch’io era malvestito. Et ora con quel senno avea son ritornato ben vestito e m’avete fatto stare in capo di taula». Lo re Uberto, cognoscendo che Dante onestamente l’avea vituperato e che avea ditto il vero, subito comandò che a Dante fusse una robba aregata. E rivestito, Dante mangiò avendo allegrezza ché avea dimostrato a’ re la sua follia.

E levati da taula, lo re ebbe Dante da parte: praticando della sua scienza, trovò Dante esser da più che non li era stato ditto. Et onorandolo lo fe’ in corte restare per potere più avanti sentire.

Ex.º lxxi.