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novella lxv 295

«Io sono». Tedici lo riguarda e pàrli già averlo veduto, ma perché era innel viso per lo sole alquanto diventato nero, disse come avea nome e chi era. Rispuose: «Io ora mi fo chiamare Borra, ma il mio nome diritto è Ottaviano figliuolo dello ’mperadore». Tedici subito l’ha ricognosciuto; e domandandolo del padre e delle condizioni di corte, Ottaviano tutto raconta. Tedici, che ’l vede nudo, subito se n’andò innella terra e di bellissimi panni lo riveste e seco lo mena faccendolo stare in una camera del palagio, dicendoli: «Spettami».

Et andato Tedici in sala, trovò lo ’mperadore esser a taula. E Tedici dice: «O imperadore, quanta allegrezza serè’ la vostra se il vostro figliuolo Ottaviano fusse con voi o si sapessi se vivo o morto fusse!» Lo ’mperador dice: «Tedici, tu di’ il vero, che se Ottaviano mio figliuolo fusse vivo, se io dovessi spendere ciò ch’io habo, o cattivo o buono che ser fusse lo farei d’avere, che penso che bene s’amenderè’». E questo dicendo gittò un gran sospiro, lagrimando. Tedici, che ha veduto la volontà dello ’mperadore, subito se n’andò alla camera dov’era Ottaviano dicendoli che allegramente al padre ne vada et a lui chiegia perdono gittandoseli a’ piedi: «Et io serò teco». Otaviano rasigurato ciò fece. E giunto Tedici in sala con Otaviano disse: «Santa corona, ecco il vostro dolcissimo figliuolo». Otaviano subito gittatosi ginocchioni, al padre chiese perdono. Il padre allegro li perdonò e fe’ festa inestimabile per lo riauto figliuolo.

Dimorando Otaviano in corte con tanti buoni costumi che tutte le persone diceano Ottaviano esser da più che ’l padre, e poco tempo steo che lo ’mperador passò di questa vita; e subito fu fatto imperadore Otaviano. Le terre marine e li altri signori — e cioè masimamente Vinegia e Genova — sentendo la lezione del nuovo imperadore, subito i genovesi fenno imbasciaria che in Costantinopoli si trovasseno. E funno di Genova eletti tre cittadini gentili e grandi fra’ quali fu Spinetta dal Fiesco, il quale avea dato per le guance dello sparvieri a Borra.

E caminati, giunseno in Costantinopoli con l’altre imbasciarie. Lo ’mperador davanti a sé li fe’ venire: e venuto li genovesi, cognove Spinetta dal Fiesco; e chiamatolo, disse: «Messer, fa