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LXI


U>dita la dilettevole novella della Pippa, lo preposto comandato a l’altore, dipoi la cena fatta, che per lo di seguente ordinasse bella novella fine che giunti saranno in Arpi, ma ben lo pregava che la sera dicesse qualche moralità, lui presto disse:

«Superbo, or non salire, ché tu cadrai;
e tu che d’oro t’adorni
per vano stato, e fusti già somaio,
rivolto vento a te, più ti dorrai
se sotto il basto torni
che quando e’ ti domò lassando il vaio;
e tu morrai che vivi per denaio.
Tu che segui vertù, tua fama vive:
questo per fine in mia canzone si scrive».

E ditta, andarono a dormire. E venuto il giorno, l’altore disse:


DE SUPERBIA CONTRA REM SACRATAM

Della superbia de’ re Astulfo: e fece che li preti non
cantasseno un verso della Magnificat. Lo nostro signore
Idio non volse tanto male, come leggerete innella seguente
novella.


F>u in Navarra uno re nomato Astulfo, lo quale era di tanta superbia che quello che a lui capea innella mente volea senz’altro consiglio che ad efetto si mettesse, avendo molte persone senza